Itaca – Zacinto

DOMENICA 24 LUGLIO 2011 Gran vento da Ovest Nord Ovest poi passato a Ponente, anche più di 25 nodi, grande navigazione sopra i 7, oggi si vola tra due poeti e una barca che ha sempre più il suo perché. Arina chi era costei? Una fanciulla greca, credo. Ma questa è già un’altra storia, che arriverà alla fine di questa grande galoppata verso la terra di Ugo, who’s Ugo? Ma Foscolo, e chi altro! Ma questo è stato un altro gioco finito in fortezza, quella grande testuggine coperta di pini che non si vede dal mare maraggiungiamo dopo un pomeriggio di vagabondaggio in una città moderna e anonima, rinata (male) dopo il terremoto del 1953.

 

E per fortuna che una statua piangente e una ragazza adorante ci liberano dal gusto sadico che qui, come in Italia, nessuno conosca quel giovane poeta nato veneziano e morto non ancora italiano. La fortezza invece è una scoperta, anche perché ci sono entrato scavalcando dalla parte della parete di tufo a strapiombo. E’ grande, irta, poderosa, come quelle gemelle di Corfù e di Nauplia, solo che in maniera stupefacente non si vede, non disegna la montagna che domina la baia e la città. Eppure sono alte le sue mura, e, soprattutto, chiuse. Anche se un leone rampante ne disgna il bastione che protegge la porta. Dentro, i resti di altri eserciti: britannici, tedeschi, punteggiano il pianoro. Il problema è scendere a valle. All’andata ci siamo arrangiati come signori del XIX secolo, in carrozza. Ma lo sciopero dei taxi – da giorni bloccano passaggi e strade di mezza grecia – ci obbliga a cendere a piedi. Pido si rilella: possiamo mangiare qui. Ma come? In questi ristoranti da turisti? No, lo blocco, si va a piedi. Mugugna, ma s’adegua, trenta metri dietro e 20 kg di attrezzatura video in spalla: “Io mi lamento ma non mollo”. Un duro dal cuore tenero. Tre chilomeri abbiamo fatto, per fortuna in discesa, prima di ritrovare barca, uova sode, porto e viaggio.