Corfù – Atene

Corfù – Atene

Dal mare alla terra, dallo Ionio al Peloponneso a caccia di leoni veneziani e delle storie nostre e greche, due facce della stessa crisi e di una storia sempre intrecciata che abbiamo dimenticato. Ecco le voci di questo momento di trapasso, punti di vista per un viaggio di gruppo.

07/07 CORFU’

Prima cosa da fare, ritirare il pezzo rotto dato in riparazione al fabbro tornitore.

Alle otto Tiziano è appostato davanti all’officina. Per un ora non apre nessuno, neppure i negozi vicini. Alle dieci e mezzo arriva il fabbro con la colazione sottobraccio; a Corfù anche gli artigiani seguono un ritmo rilassato, lavorano per vivere e non il contrario, un tratto di personalità comune nel mediterraneo che è presente anche a Venezia.

Si chiacchiera: il personaggio parla italiano, come lo ha imparato? “Tanti anni fa lavoravo molto per i contrabbandieri italiani che avevano grandi barche con grossi motori, si guadagnava bene”.

Rientrati in barca, montiamo la landa e si ripara anche il puntastecche della randa che si è sfondato… ormai è l’una, il caldo è impossibile.

Arriva un sms a Enrico: Dovremmo intervistare per conto di Marco Polo System il sindaco di Pylos in Pelopponneso; è troppo fuori dalla rotta, bisogna modificare l’itinerario: scendere dalla barca per una settimana, andremo a fare le riprese di Atene, Pylos, Monemvasia e Nauplia… un bel tour de force. Organizziamo il viaggio. Ma prima ripercorriamo l’isola in motorino… Corfù è l’isola dei profumi, mirto, eucalipto, fico, la strada è un viaggio olfattivo.

Ad un certo punto la salita si fa ripida e tortuosa, gli ulivi che la costeggiano sono sempre più alti e ramificati, delle vere sculture;  la coltivazione intensiva di queste piante nell’isola si deve ai veneziani che scelsero Corfù come luogo predisposto allo sviluppo dei frutti di questa pianta, una scelta figlia della pianificazione politica e  commerciale della Serenissima Repubblica.

Poi si il paesaggio si apre davanti a noi,si  vede la costa, un susseguirsi di baie, promontori rocciosi, isolotti e spiagge… ci fermiamo per fare altre riprese a Krini, il paesino con l’albero in mezzo e i vecchietti attorno. Tutto il giorno così, tanto che ci scordiamo di pranzare e rientriamo solo a notte fonda, e andiamo in centro a cenare con Moreno e Tommaso, per infilarci poi in diversi baretti.

8/07

La serata si fa alcoolica e si conclude nel bar del castello vecchio; brindisi e saluti notturni alla ciurma. Alle 5 del mattino Enrico è in giro col motorino e l’attrezzatura per sfruttare l’ultima alba sull’isola e girare immagini. Ritornerà in marina alle 8 in condizioni pietose (non è andato a dormire dopo la serata a baretti), per i saluti al resto dell’equipaggio e fare colazione al solito bar che ci ha accalappiato il primo giorno. Arriva Alessandra, assieme a Lorenzo, il terzo socio della barca che si imbarca sul Moana. Partono quindi verso lo stretto di Corinto, mentre Tiziano, Alesandra ed Enrico prendono i motorini e si dirigono verso spiaggia san Giorgio sulla costa opposta di Corfù. Non si rivela una grande idea: la spiaggia sembra Punta Sabbioni con l’acqua leggermente più pulita.

Il bus Corfù-Atene delle 19,45 parte con la calma disordinata che si respira in Levante, arrivo previsto ad Atene: 5 del mattino. I passeggeri sono prevalentemente pendolari locali, e pochi turisti. Il bus monta sul traghetto e Corfù ci regala l’ultimo spettacolo: un tramonto sulla città vecchia che si allontana lentamente all’orizzonte.

Il resto del viaggio in bus è una notte scomoda dividendo i sedili dell’ultima fila con un signore che non si fa troppi problemi a togliersi le ciabatte ed occupare tutto lo spazio disponibile dormendo alla grande. C’è una sosta in un self service, un’atmosfera da film di Kusturica, camionisti che mangiano piattoni di carne non identificabile alle 2 di notte, l’aria è carica di grasso animale: viene appetito.

9/07 ATENE

Arriviamo ad Atene alle cinque del mattino, prendiamo un taxi per l’aeroporto contrattandolo per 30€, all’arrivo ce ne chiede 45, ci accordiamo per 35, si inizia a capire il detto francese “va a farti vedere dai greci”.

Ritiriamo la macchina a nolleggio e ci precipitiamo verso l’Acropoli prima che sia troppo caldo. Ma il traffico e l’inesperienza di guida ad Atene ci fa arrivare sull’Acropoli alle 8 passate. Siamo tutti stanchissimi, è praticamente due giorni che non dormiamo. Enrico riesce a girare un paio di inquadrature prima che l’Acropoli venga definitivamente invasa dalle orde di turisiti multicolore venuti a visitare quello che rimane di una delle civiltà più raffinate della storia. Qui, in qualche maniera, è iniziata la storia d’Europa. Varrebbe la pena andarlo a raccontare all’Europa che ha messo in ginocchi i Greci. L’acropoli è bella, ma sembra quasi una bolla di sapone. Non rimane molto del suo splendore originale: troppe razzie nei secoli. Anche i veneziani hanno fatto la loro parte: il Partenone l’hanno fatto saltare in aria proprio loro, sotto il comando di Francesco Morosini  durante la prima guerra di Morea, distruggendo quello che si era miracolosamente conservato intatto per secoli. Ma sembra che nessuno ce ne faccia una colpa, forse contro i Turchi valeva tutto, anche una cannonata sul Partenone trasformato in santabarbara. Il capolavoro di Fidia andò in pezzi, la città era presa, ma non rimarrà molto tempo in mano ai veneziani. Morosini cercò di trafugare le statue che ne ornavano il timpano, ma i lavori maldestri le fecero finire rovinosamente a terra. Il capitano generale serenissimo si rifece rubando i leoni del Pireo ora posti davanti all’ingresso dell’arsenale a Venezia. Oggi i restauri continuano (anche se i cartelli con il logo della bandiera europea informano essere finiti nel 2004 – un’altra delle truffe post-olimpiadi).

Alle 10.30 l’acropoli è definitivamente invasa dalle comitive, la magia del luogo è soffocata dalla presenza massiccia del turista “fotografa-consuma-crepa”: meglio levare le ancore e cercare un po’ di refigerio in qualche bar della Plaka, l’antico quartire turco. Il giro è veloce, anche qui è il trionfo del turismo ultraconsumista con i negozi che vendono paccottiglia e i prezzi troppo alti, sembra di essere a Venezia.

Il caldo è assassino, Atene vista dall’ alto sembra un’alluvione di case in una valle in cui tutto è riarso dal sole, solo i picchi rocciosi si sono salvati dalle costruzioni. Torniamo alla macchina e ripartiamo, dobbiamo fare altre 3-4 ore per arrivare a Modone.

Per strada sosta a Kiparissia dove beviamo un caffè freddo finalmente fatto come si deve nel bar della stazione dei treni in disuso. La città è sormontata da un castello bizantino, preso dai franchi nel 1205, poi sotto il potere del despota di Morea fino al 1460 quando venne definitivamente occupato di turchi. Una tipica fontana turchesca (ricorda quella di Antivari in Montenegro) sta all’ingresso del castello, all’ombra di un grande albero centenario. Si sta bene là sotto, ma dobbiamo proseguire per Modone, abbiamo deciso di dormire là perché all’alba Enrico deve fare le riprese – purtroppo è quella la luce giusta. Arriviamo stremati e al primo cartello “room to let” ci fiondiamo dentro. La sera cena a base di Suvlaki (spiedini di maiale buoni ed economici che saranno la base della nostra alimentazione) in un taverna che non offre molto altro (l’altro piatto era l’insalata).