ORIGINI DI UNA ROTTA
Intorno al 500 dopo Cristo, la città serenissima era nemmeno un’idea. Marinai che percorrevano con piccole barche dal fondo piatto le acque lente e basse delle lagune dell’alto Adriatico – nome che arriva dal porto dominante di Adria – avevano deciso che non sarebbe bastata la pesca a far diventare grandi quel grappolo di isole appena protette dal mare grazie alle lingue di terra dei lidi. Scelsero il sale, il sapore di tutti gli alimenti e la materia prima per conservarli come merce per superare la sopravvivenza e costruire la loro gloria.
Costruirono le prime fabbriche, fecero concorrenza a Ravenna, risalirono i corsi del Po e dell’Adige per esportarlo nelle città, nei villaggi del “continente”. Furono mercanti, quindi, fin dall’inizio i veneziani, e grandi viaggiatori, caratterizzati da quello spirito di curiosità e d’avventura che forse era nel loro Dna fin dall’inizio.
Costantinopoli fu il modello, l’ambizione, il destino che portò Venezia a conquistarla nel 1204, cinque secoli dopo la sua fondazione. Ma prima, all’inizio della sua storia, questo spicchio d’Italia sospeso sull’acqua era solo un’oscura provincia occidentale già mezza dimenticata, simulacro della regione romana Decima, la Venetia et Histria. La futura Dominante era ben poca cosa, le case erano “come uccelli acquatici, ora sul mare, ora sulla terra” con le barche “attaccate ai muri a guisa di animali” scriveva il segretario del re goto Teodorico, Cassiodoro, il primo che scrisse fondando il mito di Venezia.
Per il dignitario della corte bizantina quel posto dove tutti vivevano in case simili e combattevano ogni giorno per vincere la sfida con una natura, di certo non benigna, era già l’Utopia, un paradiso d’uguaglianza, come lo Stato perfetto che Thomas More avrebbe situato più tardi e non a caso in un’altra isola, questa volta persa in mezzo a un oceano. Venezia, dunque, vorrebbe essere nata capitale senza legami con la terraferma, polis democratica e indipendente come le antiche città greche, sospesa in un mondo di mezzo che fu sempre la sua forza e la sua magia.
La storia, però, ha bisogno di date per scolpirsi nella memoria, di pietre per testimoniare la sua presenza, di porti per difendere i suoi viaggi e commerci. Da qui Venezia iniziò a modellare con mura, bastioni, chiese, palazzi quei confini, che come perle costellano la corona delle sue antiche rotte tra l’Adriatico e il Levante: Pirano, Parenzo, Pola, Lussino, Zara, Sebenico, Spalato, e più giù, nell’attuale Montenegro, Cattaro, Budua, Antivari, e poi fu Albania: Scutari, Durazzo, Valona, Butrinto. Infine Grecia, il Levante Veneto: Corfù, Cefalonia, Itaca, Patrasso, Modone, Corone, Creta, Cipro. Isole e coste che portano tracce e vestigia di quell’antica conoscenza e ancora nella memoria hanno riconoscenza per gli antichi rapporti, legami strettissimi con quella che era la loro porta verso l’Occidente.
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