Alvise Zorzi se ne è andato. E noi amanti di Venezia siamo un po’ più soli. Maestro di scrittura e d’eleganza, il “doge” come l’aveva soprannominato il figlio Pieralvise, è stato un compagno costante per la mia vita di lettore e di scrittore. Grazie a lui ho scoperto ombre e luci della storia di Venezia, esplorato con più attenzione la mia città adottiva. Sono stato conquistato dal suo narrare arguto e poi ho scoperto una persona fantastica, che mi è stata vicina in tutti questi anni di peregrinazioni e narrazioni. Nel 2007, ebbi l’imprudenza di chiedergli di scrivere la prefazione al mio secondo libro: Sulle Ali del Leone, il racconto di un viaggio un po’ nostalgico e molto sgangherato in Adriatico tra Grecia, Albania, Montenegro e Dalmazia, su una vecchia barca a vela sulle rotte della Serenissima. Un’avventura. Che lo catturò. Non ho mai capito per il tema o per come era stato portato in… porto. Di sicuro da allora seguì sempre le mie e le nostre peripezie con rispetto e simpatia, mai con distacco.
La mia faccia tosta arrivò anche a chiedergli lumi e consigli per il mio romanzo storico nel cassetto, ambientato tra Venezia e la Grecia alla fine del XVII secolo: Morea. Mi incoraggiò anche in questo lavoro, perorò la mia causa in Mondadori. Poi non se ne fece nulla per vari problemi e questioni, ma lui continuò ad appoggiarmi, a seguire da lontano (purtroppo) i viaggi verso Creta-Candia e verso Istanbul-Costantinopoli, i documentari, le idee, le storie che cercavamo sempre di dispiegare all’ombra di Venezia nel Mediterraneo e anche oltre come sul Mar Nero. Lo faceva con humour e garbo, come un maestro antico. Di quelli che non guardano mai dall’alto al basso ma che ti sfidano a seguire i tuoi sogni. Come lui ha sempre saputo fare in tutta la sua bella e lunga vita.
Alzate l’architrave, carpentieri: un grande uomo ci ha lasciati, che il mare e la terra ti siano lievi. Venezia ha perso uno dei suoi più grandi difensori e cantori. E io il mio maestro d’avventura.
Istanbul e Venezia, due mondi che si sono sempre incrociati e che mai come oggi appaiono lontani. La Serenissima sembra lo specchio di un Vecchio Continente sempre più chiuso e ingobbito, città assediata dal turismo, che non riesce a trovare altri sbocchi alla decadenza di un Nordest in recessione.
Istanbul, la città gemellata da un lustro con Venezia, offre invece l’immagine di un Paese nuovo, di una Turchia a colori, forte, energica, orgogliosa, appagata dal suo status di membro del G20 e dal ruolo di guida in Medio Oriente. Il bianco e nero che raccontava qualche decennio fa il Nobel della letteratura Omar Pamuk si è stemperato. Allora Istanbul era la capitale di una nazione chiusa, incerta, ferita, il centro di giochi di spie e diplomazie tra Oriente e Occidente che la utilizzavano solo come sponda. Oggi vuole essere attore del nuovo mondo bipolare che si sta costruendo tra Cina e Stati Uniti, ponte sul Mediterraneo delle correnti islamiche moderate, testimone che un altro mondo è possibile, ma non come speravamo e pensavamo noi occidentali. E riemerge la diffidenza verso la nuova potenza orientale.
Ma mai come oggi c’è bisogno di coraggio, di aperture, di intrecci. E la Storia potrebbe soccorrerci rispolverando la cara e vecchia Venezia in funzione di ponte culturale andando oltre Lepanto. Non c’è muro che tenga, il Mare Nostrum è anche loro, di turchi, egiziani, libanesi, israeliani, libici. È uno spazio comune, Fernand Braudel identificò il Mediterraneo come il “continente liquido”. E Venezia può tornare protagonista di questo nuovo mondo.
Non solo per le storie intrecciate, i commerci, i ricordi. Le università veneziane di Ca’ Foscari e Viu hanno anche gettato le basi per costruire un ponte di collaborazione che possa aprire le porte del ricco mercato turco – il Paese viaggia a colpi del più 8% del Pil all’anno – alle imprese del Nordest. L’Italia è per Ankara il quarto partner commerciale e nel 2011 si è tagliato il traguardo dei 20 miliardi di dollari di interscambio. Quasi 900 aziende italiane operano in Turchia, anche in settori strategici, fornendo un significativo contributo produttivo e tecnologico alla crescita del Paese. Ora è il momento delle piccole e medie imprese, il polmone produttivo triveneto che in questo momento è un po’ col fiato corto, complice un mercato italiano sempre più sfiatato. L’unica strada per crescere è l’estero, e guardare troppo lontano – a Cina o India – potrebbe dare vertigini.
Meglio seguire vecchie rotte veneziane, quelle che nel Medioevo hanno portato i serenissimi a conquistare porti e basi commerciali fino alla Tana (Mar d’Azov, oggi Russia) passando ovviamente da Istanbul – Costantinopoli, l’Egeo, Aleppo in Siria (altra zona caldissima), Cipro, Alessandria. Rotte di commercio e di “mude” – i convogli che dal XII al XV secolo organizzava la Serenissima a sue spese per aiutare e rendere più sicuri i traffici dei mercanti veneti, e non solo – che l’associazione Venti di Cultura in collaborazione con l’associazione UnaVelaper vogliono ripercorrere per documentare quanto è rimasto di quei tempi come testimonianze architettoniche e culturali, e per aprire nuovi rapporti, stringere legami, capire dal cuore di questa grande nazione il nuovo Mediterraneo che si sta costruendo.
Il viaggio – tremila miglia tra luglio e settembre – ovviamente partirà da Venezia, in barca a vela, come un tempo partivano le galee. Un 20 metri, Moana 60, un equipaggio di amici e curiosi esploratori, che vuole navigare Sulle Ali del Leone – In viaggio verso Levante. Ma questa volta, a differenza di sei anni fa, l’obiettivo non sarà solo l’Adriatico, quel mare che guerre e sciovinismi avevano fatto diventare un muro e che oggi, grazie all’entrata in Europa della Croazia, è già un ponte. Certo, la prima tappa sarà sempre la Dalmazia, e poi arriveranno il Montenegro (candidato all’entrata nella Ue, come la rediviva Serbia) e l’Albania. A Porto Palermo, tra Valona e Saranda, dal 10 al 12 agosto la fortezza di Alì Pashà Tepelena ospiterà un festival artistico che si annuncia rivoluzionario. Dopo vent’anni dagli sbarchi di vecchie carrette e gommoni che portavano migliaia di disperati alla ricerca di libertà e benessere, questa volta saremo noi a sbarcare idee, sogni, progetti artistici.
Questa sarà solo una delle tappe di questo itinerario tra cultura, scoperta e natura. L’obiettivo principale è Istanbul, mille e passa miglia da Venezia, la porta verso Oriente che ha affascinato legioni di viaggiatori e mercanti fin dall’antichità. L’antica Costantinopoli, la seconda Roma che rivaleggiò nei racconti con un’altra città mitica, che visiteremo: Troia. Rotte leggendarie, ricche di storie, a partire da quella degli Argonauti di Giasone, che attraversò anche l’Adriatico dopo aver risalito il Danubio. Vogliamo toccare Atene, capitale della Grecia piegata dalla crisi, ma anche visitare le isole dell’Egeo, paradisi delle vacanze e un tempo di pirati anche veneziani (il Ducato di Nasso), gettare l’ancora davanti alle fortezze bizantin-veneziane-turche di Nauplia, Corinto, Corone e Modone.
Mille storie per tremila miglia, sperando che non serviranno mille e una notte per arrivarci. E chissà che l’anno prossimo non si possa andare ancora più lontano. A Trebisonda, l’odierna Trabzon. Alla fine del Mar Nero, in Crimea, alle foci del Don. Dove iniziava un altro viaggio. Quello verso il Catai.
Dove eravamo rimasti? Ah, già, gli albanesi diventeranno come noi o noi come loro? Già, ma oggi la questione è un’altra: diventeremo come i greci? Tira un vento cattivo dalle parti del Mediterraneo, come se gli spiriti si fossero ribellati al sole al cielo terso per vendicarsi di un mondo che faceva invidia, che poteva sognare e trastullarsi. Oggi sono tempi di ferro e noi possiamo solo rifugiarci nel sogno e nel ricordo. E allora dai, diventiamo tutti un po’ veneziani, quelli veri, che solcavano il mare e cercavano di capirlo, che guardavano lontano e non si perdevano (sempre) dietro al particolare. Ecco perché siamo qui: per ritrovare una rotta, una via, un futuro. E anche un po’ del nostro passato. (more…)
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